Gli ambienti urbani sono caratterizzati spesso dal sovraccarico edilizio, dalla incongrua disponibilità di spazi verdi fruibili, dall’irrazionale distribuzione di servizi essenziali, dalla mortificazione del senso di identità dei luoghi, dal rumore, dall’inquinamento atmosferico e visivo, dall’affollamento e dall’eccessivo riscaldamento nel periodo estivo. Queste situazioni sono favorevoli all’insorgenza di numerosi disturbi e patologie fisiche e psichiche.
L’ambiente può influire direttamente o indirettamente sulla salute. La relazione tra l’individuo e diversi fattori ambientali è una delle determinanti fondamentali dello stato di salute e può dare luogo a diversi stati di benessere o di malattia.
Questo è l'assunto da cui è partito il gruppo di lavoro nazionale a cui ho partecipato, coordinato da ISDE Italia, per la redazione del Position Paper in tema di Sostenibilità dell'ambiente abitato pubblicato da ENEA.
Considerando che circa la metà della popolazione mondiale (3,4 miliardi di persone) vive in aree urbane e il numero potrebbe raddoppiare entro il 2050 e che l’urbanizzazione determina consumo e cambiamento delle caratteristiche del suolo, se il consumo di suolo continua ad espandersi, le aree urbanizzate potrebbero occupare fino al 7% della superficie disponibile terrestre nei prossimi vent’anni.
Ma i suoli “sigillati” da cemento e asfalto difficilmente potranno tornare ad essere produttivi.
Secondo il Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, l'Istituto Nazionale di Urbanistica e Legambiente in Italia ogni giorno scompare sotto il cemento una superficie pari a circa 100 ettari (in pratica, dagli 8 ai 10 mq al secondo).
Considerando che circa la metà della popolazione mondiale (3,4 miliardi di persone) vive in aree urbane e il numero potrebbe raddoppiare entro il 2050 e che l’urbanizzazione determina consumo e cambiamento delle caratteristiche del suolo, se il consumo di suolo continua ad espandersi, le aree urbanizzate potrebbero occupare fino al 7% della superficie disponibile terrestre nei prossimi vent’anni.
Ma i suoli “sigillati” da cemento e asfalto difficilmente potranno tornare ad essere produttivi.
Secondo il Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, l'Istituto Nazionale di Urbanistica e Legambiente in Italia ogni giorno scompare sotto il cemento una superficie pari a circa 100 ettari (in pratica, dagli 8 ai 10 mq al secondo).
Anche il 10° Rapporto ISPRA 2014 sulla qualità dell'ambiente urbano testimonia che la situazione è sempre più drammatica, con molte città (purtroppo non solo le maggiori e più note) che hanno consumato suolo dal 30 fino ad oltre il 60%. Un dato tra tutti: Roma oltre 33.000 ettari e Milano 11.000 ettari ormai persi.
Allora è chiaro (o dovrebbe esserlo) che il suolo/territorio è una risorsa limitata e va trattata con ogni cura. Si dovrebbe riflettere sul fatto che per scavare 50 cm di terreno basta un colpo di ruspa, mentre per rigenerarne 10 cm occorrono 2000 anni.
Le aree urbane se da un lato offrono l’opportunità di vivere in un contesto che offre maggiori possibilità di accesso ad una molteplicità di servizi, dall’altro presentano rischi per la salute e nuove sfide sanitarie. La salute, infatti, intesa come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia” è determinata da una molteplicità di fattori che ricadono anche al di fuori del dominio strettamente biomedico e sui quali la città gioca un ruolo determinante. Negli ultimi 150 anni la ricerca, in continuo sviluppo sul tema, ha chiaramente dimostrato che il modo in cui le città sono pianificate e gestite produce sostanziali differenze nella salute dei propri abitanti.
Allora è chiaro (o dovrebbe esserlo) che il suolo/territorio è una risorsa limitata e va trattata con ogni cura. Si dovrebbe riflettere sul fatto che per scavare 50 cm di terreno basta un colpo di ruspa, mentre per rigenerarne 10 cm occorrono 2000 anni.
Le aree urbane se da un lato offrono l’opportunità di vivere in un contesto che offre maggiori possibilità di accesso ad una molteplicità di servizi, dall’altro presentano rischi per la salute e nuove sfide sanitarie. La salute, infatti, intesa come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia” è determinata da una molteplicità di fattori che ricadono anche al di fuori del dominio strettamente biomedico e sui quali la città gioca un ruolo determinante. Negli ultimi 150 anni la ricerca, in continuo sviluppo sul tema, ha chiaramente dimostrato che il modo in cui le città sono pianificate e gestite produce sostanziali differenze nella salute dei propri abitanti.
L’abitato sostenibile sotto il profilo sociale, economico ed ambientale, si compone di tre elementi, interconnessi: il territorio che contiene lo spazio urbanizzato, l’area urbana e l’edificio in essa contenuto. In un certo senso, si potrebbe dire che la nuova città sarà sostenibile quando essa, con il suo territorio, favorirà un abitare sostenibile, aperto a nuovi stili di vita, a nuovi saperi, a nuovi valori, il cui centro sia occupato dall’uomo abitante, non solo dal consumatore (di risorse) o dal produttore (di rifiuti).
Con il termine “città sane” si indicano città che creano e migliorano continuamente l’ambiente fisico e il contesto sociale, mettendo le persone nelle condizioni di sostenersi a vicenda per realizzare e sviluppare al massimo tutte le attività della vita.
Lo sviluppo urbano diventa così una forma di prevenzione primaria che promuove comportamenti sani attraverso: un sistema di trasporto che incoraggia la mobilità pedonale e ciclabile, un’organizzazione funzionale della città che garantisce l'autonomia a ciascuna sua parte, un progetto di aree verdi che risponde alle esigenze di tutti i cittadini ed è indirizzato al benessere e l'interazione sociale.
All'interno dell'ambiente abitato un edificio dovrebbe considerare la relazione non più solo con il contesto ambientale, ma anche sociale e storico. Questo perché l’effettiva qualità non è riconducibile alla somma dei componenti, ma è determinata dalle relazioni che tra questi si stabiliscono.
Nel concreto, anche per la costruzione dei singoli fabbricati, non è più sufficiente parlare genericamente di sostenibilità, soprattutto riducendo il concetto di sostenibilità a quello di efficienza energetica.
Il miglioramento stesso della qualità dei singoli edifici, dal punto di vista della sicurezza, del benessere e della tutela dell’ambiente, non dipende solamente da nuove tecniche e materiali, bensì da un modo nuovo di pensare e progettare. Perchè oltre al consumo di suolo il settore edilizio è responsabile, in Europa, del 40% del consumo energetico totale e rappresenta la principale fonte emissiva di CO2 nell’Unione Europea. Ma non finisce qui, gli edifici producono ogni anno 450 milioni di tonnellate di rifiuti, cioè più di un quarto di tutti i rifiuti prodotti (anche perchè sono ancora pochi i materiali edili che possono essere riutilizzati o riciclati). Per questi motivi intervenire in edilizia presenta un potenziale notevole per quanto riguarda il risparmio energetico e la riduzione dell'impatto generale sull'ambiente.
In questa prospettiva è possibile allora dire che le preoccupazioni ambientali dovranno guidare le scelte per l'energia, la salubrità dei materiali, l'habitat confortevole, i rifiuti, la trasformabilità, spostando l'attenzione dalle necessità meramente tecniche-funzionali a quelle umane di salute, di relazione e di qualità di vita, che partono dall’edifico per coinvolgere tutta l’area urbana ed il suo contesto territoriale.
L’umanità dipende dall’ambiente in cui vive; non può modificarlo prescindendo da tale dipendenza e alterando gli equilibri che la regolano.
Giulia Bertolucci architetto
0 commenti:
Posta un commento