Impatto sull’ambiente: cemento ed emissioni CO2
Il calcestruzzo (il cui legante è il cemento) è il materiale artificiale più utilizzato al mondo. È secondo solo all'acqua come risorsa più consumata sul pianeta. Ma sebbene il cemento - ingrediente chiave del calcestruzzo - abbia plasmato gran parte del nostro ambiente costruito, va detto che esso ha anche una pesante impronta di carbonio: è la fonte di circa l'8% delle emissioni mondiali di anidride carbonica (CO2). Se l'industria del cemento fosse un paese, sarebbe il terzo per emissioni inquinanti, dopo Cina e Stati Uniti. (fonte: The Guardian)
Il cemento è il materiale fondamentale per la maggior parte delle costruzioni. Di fatto è il principale materiale in tutto il mondo per la realizzazione di palazzi, parcheggi, ponti, dighe; sia perché si può produrre quasi ovunque, sia perché ha qualità strutturali ideali nonostante i noti problemi di durabilità legati alla interazione con le armature in acciaio, e nonostante le conoscenze attuali ci permettano di usare altri materiali da costruzione più sostenibili.
Se è vero che il cemento e il calcestruzzo sono stati usati per costruire fin dall’antichità, quello che oggi utilizziamo (cemento Portland) è frutto di un’evoluzione moderna, di un processo di cottura e macinazione di calcare e argilla brevettato all'inizio del XIX secolo. La produzione comporta l'estrazione della materia prima - che causa inquinamento atmosferico sotto forma di polvere - e la cottura con l'uso di forni che richiedono grandi quantità di energia. Nel complesso l’intero processo chimico di produzione del cemento emette livelli incredibilmente alti di CO2.
Se da un lato le aziende hanno migliorato l'efficienza energetica nella produzione utilizzando materiali di scarto per la combustione, è innegabile che l’industria debba cercare di rivedere tutto il processo di produzione del cemento, non solo riducendo l'uso di combustibili fossili.
C’è poi da dire che la produzione di cemento richiede enormi quantità di acqua, pari a circa un decimo della quantità totale utilizzata nel settore industriale.
Ma ci sono altri impatti sull’ambiente e sulle persone che forse sono ancora meno conosciuti.
Il contenuto di Cromo VI nel cemento è legato principalmente alle materie prime e ai combustibili impiegati nel processo produttivo. Purtroppo però non può essere controllato agendo direttamente su questi due componenti, quindi per mantenere il livello di Cromo esavalente nel cemento al di sotto del limite imposto dalla norma, le aziende provvedono con l’aggiunta di additivi che funzionano come “riducenti”. Questi additivi sono: solfato stannoso e solfato ferroso, prevalentemente sotto forma di polveri. L’efficacia di questi agenti riducenti è influenzata dalle condizioni di conservazione del cemento (ventilazione, umidità, temperatura) ed è limitata nel tempo. Per questo motivo il cemento deve essere sempre conservato in luoghi freschi e asciutti, garantendo l’integrità delle confezioni; inoltre sull’imballaggio del cemento o dei preparati contenenti cemento deve essere riportata la data di confezionamento, le condizioni e il periodo di conservazione, cioè la scadenza!
Alla scadenza il cemento non perde le sue caratteristiche prestazionali, ma per essere utilizzato dovrà essere nuovamente additivato con riducenti del Cromo esavalente per essere impiegato in “sicurezza”. ( Aitec)
Nonostante la limitazione del contenuto di Cromo VI è sempre raccomandabile l’uso di particolari accortezze nella manipolazione del cemento bagnato (fondamentale quindi l’uso di guanti e al termine delle lavorazioni anche se si sono usati guanti è buona regola lavarsi le mani con acqua tiepida e sapone neutro). Questo perché il contatto diretto con il cemento bagnato può avere conseguenze sulla pelle: da irritazioni dovute all’alcalinità del materiale fino a fenomeni allergici dovuti proprio al Cromo esavalente. E’ giusto ricordare infatti che si tratta di un “agente cancerogeno (gruppo 1 IARC) dotato anche di effetti tossici non cancerogeni per esposizioni croniche attraverso differenti vie (inalatoria, per ingestione, per contatto cutaneo)” (fonte:ISDE- Associazione Medici per l’Ambiente Italia)
Il contenuto di Cromo esavalente nel cemento è regolamentato in Italia dal 2005 con un Decreto del Ministero della Salute di recepimento della relativa direttiva Europea. In particolare il cemento e i preparati contenenti cemento non possono essere commercializzati o utilizzati se contengono, una volta mescolati con acqua, oltre lo 0,0002% (2 ppm) di Cromo VI rispetto al peso totale del materiale a secco.
Non rimane altro da aggiungere se non ribadire che è importantissimo prestare estrema attenzione alle scelte progettuali e realizzative. Per questo è sempre opportuno rivolgersi a chi conosce i materiali edili e può correttamente valutarne la pericolosità. Per quello che riguarda il cemento è sicuramente opportuna una sua limitazione all’uso esclusivamente strutturale dove non si possa svolgere la stessa funzione con altri materiali, e porre molta attenzione alle fasi di cantiere sia per la salute degli operatori che per il corretto smaltimento dei residui.
Sperando che questo articolo sia stato utile e interessante, ti chiedo di condividerlo per la sensibilizzazione del maggior numero di persone. Grazie
Giulia Bertolucci architetto
Per approfondimenti sul tema degli impatti del cemento sul territorio e le comunità consiglio il libro "Le conseguenze del cemento" di Luca Martinelli di cui ho parlato QUI
Giulia
Bertolucci architetto, molto attiva in ambito associativo e nel proprio ordine professionale, da sempre interessata alla bioarchitettura si occupa di biocompatibilità e sostenibilità ambientale degli interventi edilizi, risparmio energetico e qualità dei materiali dell'architettura. |
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