giovedì 24 novembre 2016

COME RICONOSCERE I MATERIALI SOSTENIBILI?

E' molto diffusa l'esigenza di comunicare le prestazioni ambientali, così tutto sembra sostenibile o viene dichiarato tale, ma è possibile misurare la sostenibilità? Sulla base di quali valori un prodotto, un edificio, un servizio, un'attività può essere dichiarato sostenibile? Sul mercato esistono fin troppe etichette ecologiche che non si riesce più a capirne il reale valore e l'affidabilità.

materiali sostenibili?


Per quello che riguarda la salute e la salubrità ci sono degli indicatori, dei segnali che riconosciamo e ci dicono che un alimento o un prodotto è ammalorato: muffa, cattivo odore, acidità ecc.
Ma la sostenibilità come si valuta?

Basandomi sul fatto che gli edifici non devono essere solamente efficienti energeticamente , ma sostenibili, oggi condivido un po' di riflessioni e informazioni che forse porteranno anche a successivi sviluppi del tema.

In edilizia i prodotti disponibili sono moltissimi, ma per la maggior parte di questi non è chiaro il rispetto della sostenibilità ambientale, aggiungo anche che gli elementi per orientarsi di fronte a tutto questo sono purtroppo scarsi e fuorvianti. Quante volte infatti hai pensato che “naturale” fosse sinonimo di buono per l'ambiente e sano per l'uomo?
In realtà presupporre che un prodotto sia innocuo perché di provenienza naturale è un comportamento abbastanza miope.
Poi esiste il fenomeno definito “greenwashing”, cioè la pratica di mentire volontariamente, finalizzata a costruire un'immagine positiva, di un prodotto o azienda, sotto il profilo dell'ecosostenibilità allo scopo di distogliere l'attenzione dai difetti del prodotto o dell'azienda stessa proprio in riferimento a fattori ambientali. Fenomeno tra l'altro affatto trascurabile dato che le statistiche riportano una tendenza all'aumento nell'uso di false eco-etichette.
L'ottimo sarebbe conoscere nel dettaglio le caratteristiche dei vari prodotti edili che si decide di utilizzare e imparare a leggere le composizioni dichiarate sulle schede tecniche.
Dato però che non sto parlando di alimenti so che non sempre tutti i componenti sono dichiarati quindi nel dubbio ci si può affidare a certificazioni ambientali.

Da un punto di vista generale per la valutazione della sostenibilità sono utili i metodi dell'Impronta ecologica, Impronta Idrica, Impronta di Carbonio; per gli edifici ci vengono in aiuto le certificazioni energetiche e ambientali (LEED, ITACA ecc); per quello che riguarda i prodotti si possono ricercare le etichette ecologiche.

Come orientarsi?

Considerata la grande quantità di prodotti disponibili un criterio per orientarsi verso la scelta giusta può essere quello di optare per materiali che abbiano ottenuto un riconoscimento di qualità, meglio se da parte di un ente terzo. Ho aggiunto questa ultima specifica perché è importante sapere che, dei tre tipi di etichetta ecologica che esistono, una è autocertificata dal produttore. Importante anche ribadire che le “ecolabels” sono tutte di tipo volontario, cioè non esiste una norma che ne imponga l'applicazione per i prodotti messi in commercio, ma solo una norma che stabilisce i criteri per l'assegnazione. L'unica etichetta imposta è il “marchio CE” per i prodotti che vengono commercializzati nella comunità europea che però non è relativo al rispetto di requisiti di sostenibilità ambientale.

Di marchi ecologici ne esistono molti per cui è lecito chiedersi: forniscono le stesse informazioni? Sono confrontabili? Sono equivalenti? Sono tutti validi allo stesso modo sul mercato nazionale o internazionale?

Qui cominciano le questioni perché di marcature ecologiche ne esistono di tre tipi, tra di loro non equivalenti, peraltro tutte di tipo volontario. Si tratta delle etichettature di tipo 1, tipo 2 e tipo 3.

etichette ecologiche   

In sostanza esistono:
  • Etichette di Tipo 1 (UNI EN ISO 14024:2001) che vengono assegnate sulla base di un'analisi applicata a tutte le fasi di vita di un prodotto e che tiene in considerazione molteplici criteri e limiti di soglia, diversi a seconda della categoria di prodotto esaminato. Queste etichette possono essere emesse da organismi indipendenti (privati o pubblici) diversi dal produttore, fornitore, distributore o acquirente. Il marchio di qualità ecologica riconosciuto a livello europeo è l'Ecolabel, applicato a prodotti e servizi (non ad edifici!), ne certifica il ridotto impatto ambientale nell'intero ciclo di vita, dall'estrazione delle materie prime fino alla produzione, utilizzo e smaltimento, in relazione a: consumo di energia, inquinamento di acqua e aria, protezione dei suoli, produzione di rifiuti, gestione e risparmio delle risorse naturali, sicurezza ambientale, protezione della fascia di ozono, protezione della biodiversità. L'ente di riferimento in Italia per il rilascio della marcatura Ecolabel è Ispra.

  • Etichette di Tipo 2 ( UNI EN ISO 14021:2002) sono autocertificazioni emesse da parte di produttori, importatori o distributori di prodotti, senza che vi sia l’intervento di un organismo indipendente di certificazione. Queste auto-dichiarazioni riguardano generalmente un singolo aspetto del prodotto: contenuto di materiale riciclato, riuso, riciclo. Trattandosi di dichiarazioni non soggette a convalida da enti terzi la responsabilità relativa al loro impiego è tutta di coloro che la utilizzano. L’assenza di un organismo indipendente di certificazione non implica la non scientificità di tali auto-dichiarazioni, in quanto la norma prevede comunque che debbano essere verificabili, cioè deve essere messa a disposizione la documentazione su cui queste si basano. Uno dei simboli più comuni è il “Ciclo di Moebius”, che indica la “riciclabilità” di un prodotto, se invece il simbolo è associato ad una percentuale allora indica il “contenuto riciclato” di un prodotto. In realtà non è però del tutto chiaro perché il simbolo può infatti riferirsi anche solo all’imballaggio fatto di materiale riciclato o riciclabile.

  • Etichette di Tipo 3 (UNI EN ISO 14025:2006) sono dichiarazioni ambientali basate su parametri stabiliti, presentate in forma chiara e confrontabile, in modo che si possa fare un parallelo tra prodotti diversi ma appartenenti alla stessa categoria e sono sottoposte a un controllo indipendente. Tra di esse rientra la dichiarazione ambientale di prodotto EPD (Environmental Product Declaration) che consiste in una scheda di prodotto, registrata dallo Swedish Environmental Management Council, relativa ai potenziali impatti ambientali associati all’intero arco del ciclo di vita di un materiale o prodotto, il tutto valutato con una metodologia stabilita secondo la norma ISO. Nello specifico ad oggi sono rari i prodotti dotati di EPD e comunque non sono di interesse per i consumatori finali.
  

Conclusioni

In tutta sincerità è bene dire che l'Ecolabel, nonostante sia riconosciuto a livello europeo, non è molto utilizzato dalle ditte del settore edile che devono sostenere un costo per ogni certificazione. Tutto questo si traduce in una scarsità di offerta sul mercato di prodotti per edilizia marcati. Per individuare i prodotti che hanno la marcatura ecolabel è possibile consultare il sito europeo di Ecolabel  oppure il sito italiano dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA, ma una volta individuato il prodotto che serve io consiglio di verificare e richiedere il certificato alla ditta perché i siti potrebbero non essere aggiornati e il certificato potrebbe non essere più valido. Come mi è recentemente capitato sia per piastrelle che per pitture murali da interni.
Per quello che riguarda le etichette di tipo 2 in edilizia non le reputo di qualche utilità, sono da considerare poco più che informazioni sintetiche riportare sull'imballaggio di un prodotto, ma non danno garanzia di sostenibilità.
Le dichiarazioni ambientali di prodotto DAP o EPD sarebbero auspicabili, probabilmente in un futuro si svilupperanno visto la crescente richiesta in altri paesi europei, ma ad oggi sono ancora molto rare.

A questo devo aggiungere che con l'esperienza ho sperimentato che esistono sul mercato prodotti notevolmente superiori in termini di salubrità, benessere e anche sostenibilità ambientale rispetto a quelli marchiati. Solo la conoscenza dei materiali e la lettura critica delle informazioni fornite può ad oggi dare maggiore certezza di rispetto ambientale e qualità indoor.



Giulia Bertolucci architetto


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AGGIORNAMENTO: Se sei interessato puoi trovare un aggiornamento sui marchi NaturePlus ed AnabIcea nell'articolo "riconoscere subito i materiali ecologici"



giovedì 10 novembre 2016

ELIMINARE I PROBLEMI DI MUFFA

Si può morire a causa della muffa? Anni fa è arrivata anche in Italia la notizia di due vip morti nella loro casa a Beverly Hills a distanza di pochi mesi uno dall'altra. Quelle che potevano apparire come morti sospette, dovute ad eccesso di farmaci o di droghe, in realtà si sono rivelate causate da una muffa (probabilmente quella che negli Stati Uniti è nota come muffa killer o muffa nera tossica) che aveva causato problemi polmonari fino a divenire letale.


Img credits: 123RF Immagini Royalty Free

Inizio col dire che in generale c'è già la consapevolezza che gli edifici sono responsabili di un notevole consumo di energia e risorse, con una conseguente produzione di rifiuti ed emissioni inquinanti in atmosfera. Forse quello che è meno comune è la consapevolezza che gli edifici influiscono sulle condizioni di salute e benessere delle persone che vi si trovano all'interno, questione ancor più importante se si considera che trascorriamo oltre il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi (casa, lavoro, scuola, svago) e solo il 6-8% all'aperto (Fonte:OMS).

Ho già parlato in “3 elementi chiave per una casa sana” e in “I rischi nascosti dei pavimenti”di quelle che sono le cause di inquinamento indoor e sopratutto ho parlato dei composti organici volatili. Ma per quello che riguarda la qualità dell'aria interna, oltre ai VOC, ci sono altre sostanze considerate inquinanti indoor, si tratta delle fibre, del radon e delle muffe. Oggi voglio parlare proprio di queste ultime.

Le muffe, così come i funghi, gli acari e i batteri, proliferano se c'è un livello elevato di umidità negli ambienti interni. Quindi per prevenire la crescita di questi organismi l'obiettivo è controllare l'umidità interna, cioè:
  • prevenire e controllare l'umidità di risalita
  • mantenere l'umidità dell'aria al di sotto del 60%
  • controllare i fenomeni di condensa superficiale e interstiziale
  • curare attentamente la ventilazione dei locali.
Andiamo per gradi:

La quantità di umidità che si trova all'interno degli ambienti dipende dal vapore acqueo che producono le attività che vi si svolgono all'interno. Ricordando che ognuno di noi produce fino a 1 litro e mezzo di vapore acqueo al giorno, ma se facciamo la doccia ne produciamo un litro in più, e se facciamo il bucato ed usiamo l'asciuga biancheria si può arrivare a produrre fino a 3 litri e mezzo di vapore acqueo, allora è chiaro perché in un'abitazione ci sarà più umidità in cucina o bagno piuttosto che in soggiorno. Inoltre da qui si capisce anche che l'umidità nei vari ambienti non è mai costante perché il contenuto di vapore acqueo nell'aria interna cambia in base all'utilizzo degli ambienti stessi, cioè in base alle attività che vi si svolgono, al numero di persone presenti ecc. Se l'umidità supera il 50-60% allora si deve prevedere la possibilità di smaltire l'eccesso.


Img credits: Stefania Verona

Come si smaltisce l'eccesso di umidità dell'aria interna?

Molti parlano della traspirazione delle pareti come la soluzione ideale, ma non dicono mai che di fatto questa possibilità è molto ridotta e soprattutto dipende dai materiali che vengono scelti per costruire e rifinire gli edifici. I materiali hanno differente permeabilità al vapore acqueo e anche un diverso comportamento per ciò che riguarda la igroscopicità (quello che viene definito effetto spugna) cioè la capacità di assorbire un eccesso di umidità ambiente per poi restituirlo nel momento in cui i livelli sono rientrati nella norma. Esempio: volendo sfruttare questa proprietà gli intonaci di calce o di argilla sono ottimi, per niente consigliabili invece le finiture a cemento.
La traspirabilità e igroscopicità dei materiali è spesso sottovalutata. Oggi si prendono a riferimento di qualità le prestazioni indicate dalle norme per quello che riguarda il risparmio energetico, ma la composizione di una parete, anche la migliore per tenuta termica, può favorire il proliferare delle muffe.

Il modo migliore per smaltire l'umidità interna è areare gli ambienti e ricambiare l'aria attraverso l'apertura delle finestre in ogni stagione, oppure tramite un impianto di ventilazione meccanica. Nonostante esistano due filoni di pensiero riguardo alla casa interpretata come sistema aperto, tipicamente mediterraneo, o come sistema chiuso ed energeticamente ottimizzato, tipicamente nordico, il tema della ventilazione è comunque importante perché permette la regolazione dei livelli di umidità interna e quindi il controllo della proliferazione delle muffe, e anche lo smaltimento degli altri inquinanti indoor.

La ventilazione tramite le finestre è considerato sicuramente il modo più economico, ma per ottenere veramente la riduzione della proliferazione delle muffe si deve rispettare una regola: aprire le finestre, per poco tempo, più volte nella giornata.
Può accadere infatti che seppure si aprano le finestre al mattino per areare non si riesca ad impedire la formazione delle muffe.
Da cosa può dipendere? Ecco un esempio: siamo in inverno, al mattino arieggiamo la casa mentre facciamo la colazione e ci prepariamo ad uscire. Diciamo che le finestre stanno aperte circa mezz'ora. In questo tempo è vero che l'aria viene ricambiata, ma è vero anche che le superfici si raffreddano e nel momento in cui la finestra viene richiusa il riscaldamento scalda prima l'aria e poi le superfici. Si verifica così una notevole differenza di temperatura tra le superfici e l'aria che quindi tende a condensare sui muri e le altre superfici. La condensa che si forma favorisce la proliferazione delle muffe. Ecco perché la regola migliore è arieggiare frequentemente durante la giornata per pochi minuti. In questo modo non si determina quel salto termico tra l'aria interna e le superfici e quindi non si verifica la condensa superficiale.

Come ottenere il ricambio d'aria costante quando non si è sempre a casa?

La soluzione idonea è proprio un impianto di ventilazione meccanica controllata che permette il costante smaltimento delle sostanze inquinanti e il controllo del livello di umidità interna.
Attenzione però che quando si parla di ventilazione meccanica non si intende solo quella a doppio flusso e magari con recuperatore di calore. Si può scegliere una ventilazione meccanica a flusso semplice caratterizzata da qualche bocchetta di estrazione e qualche griglia di immissione, per avere la garanzia del costante ricambio d'aria e controllo degli inquinanti interni e del livello di vapore acqueo (quindi delle muffe), senza compromettere le prestazioni termiche e senza generare correnti d'aria fastidiose.

E' bene dire però che la differenza di temperatura tra l'aria e le superfici si può verificare anche per cause costruttive, non solo per l'errata ventilazione. Il fenomeno di condensa infatti è frequente anche in quei punti freddi della costruzione - i ponti termici - che si manifestano in assenza di isolamento termico o in punti geometricamente più esposti di un edificio. Laddove si verifichino condense superficiali così determinate, oltre a ventilare correttamente, si deve prima di tutto intervenire sull'involucro dell'edificio per risolvere i punti critici.


Img credits: Opuscolo Ufficio Federale Svizzero della sanità pubblica

Riassumendo

Si può morire per la muffa? Non so. Chi ha dovuto correre all'ospedale con il proprio figlio in stato di shock a causa della muffa o di spore inalate direbbe di sì!  Di certo le spore inalate possono causare infiammazioni a livello polmonare, possono portare ad asma ed allergie (con sintomi simili al raffreddore e per questo spesso scambiati per tali). Può apparire scontato dire che la gravità dipende dall'estensione del problema e dalla frequenza di esposizione, ma è certo che in casi più delicati (soggetti sensibili, bambini, anziani, ammalati) la tossicità delle muffe può causare affezioni croniche importanti.
Per questo si deve prevenirne la proliferazione o eliminare i problemi di muffa in casa al primo manifestarsi, verificandone la causa e quindi intervenendo sull'isolamento dell'involucro, oppure sul controllo dell'umidità interna e sulla ventilazione.


Giulia Bertolucci architetto


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Ti potrebbe interessare anche: "Quando lo spiffero è salutare per la casa"

Ultimo suggerimento: per approfondimenti puoi leggere la guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità proprio sull'umidità e le muffe.