Per quello che riguarda la salute e la salubrità ci sono degli indicatori, dei segnali che riconosciamo e ci dicono che un alimento o un prodotto è ammalorato: muffa, cattivo odore, acidità ecc.
Ma la sostenibilità come si valuta?
Basandomi sul fatto che gli edifici non devono essere solamente efficienti energeticamente , ma sostenibili, oggi condivido un po' di riflessioni e informazioni che forse porteranno anche a successivi sviluppi del tema.
In edilizia i prodotti disponibili sono moltissimi, ma per la maggior parte di questi non è chiaro il rispetto della sostenibilità ambientale, aggiungo anche che gli elementi per orientarsi di fronte a tutto questo sono purtroppo scarsi e fuorvianti. Quante volte infatti hai pensato che “naturale” fosse sinonimo di buono per l'ambiente e sano per l'uomo?
In realtà presupporre che un prodotto sia innocuo perché di provenienza naturale è un comportamento abbastanza miope.
Poi esiste il fenomeno definito “greenwashing”, cioè la pratica di mentire volontariamente, finalizzata a costruire un'immagine positiva, di un prodotto o azienda, sotto il profilo dell'ecosostenibilità allo scopo di distogliere l'attenzione dai difetti del prodotto o dell'azienda stessa proprio in riferimento a fattori ambientali. Fenomeno tra l'altro affatto trascurabile dato che le statistiche riportano una tendenza all'aumento nell'uso di false eco-etichette.
L'ottimo sarebbe conoscere nel dettaglio le caratteristiche dei vari prodotti edili che si decide di utilizzare e imparare a leggere le composizioni dichiarate sulle schede tecniche.
Dato però che non sto parlando di alimenti so che non sempre tutti i componenti sono dichiarati quindi nel dubbio ci si può affidare a certificazioni ambientali.
Da un punto di vista generale per la valutazione della sostenibilità sono utili i metodi dell'Impronta ecologica, Impronta Idrica, Impronta di Carbonio; per gli edifici ci vengono in aiuto le certificazioni energetiche e ambientali (LEED, ITACA ecc); per quello che riguarda i prodotti si possono ricercare le etichette ecologiche.
Come orientarsi?
Considerata la grande quantità di prodotti disponibili un criterio per orientarsi verso la scelta giusta può essere quello di optare per materiali che abbiano ottenuto un riconoscimento di qualità, meglio se da parte di un ente terzo. Ho aggiunto questa ultima specifica perché è importante sapere che, dei tre tipi di etichetta ecologica che esistono, una è autocertificata dal produttore. Importante anche ribadire che le “ecolabels” sono tutte di tipo volontario, cioè non esiste una norma che ne imponga l'applicazione per i prodotti messi in commercio, ma solo una norma che stabilisce i criteri per l'assegnazione. L'unica etichetta imposta è il “marchio CE” per i prodotti che vengono commercializzati nella comunità europea che però non è relativo al rispetto di requisiti di sostenibilità ambientale.
Di marchi ecologici ne esistono molti per cui è lecito chiedersi: forniscono le stesse informazioni? Sono confrontabili? Sono equivalenti? Sono tutti validi allo stesso modo sul mercato nazionale o internazionale?
Qui cominciano le questioni perché di marcature ecologiche ne esistono di tre tipi, tra di loro non equivalenti, peraltro tutte di tipo volontario. Si tratta delle etichettature di tipo 1, tipo 2 e tipo 3.
In sostanza esistono:
- Etichette di Tipo 1 (UNI EN ISO 14024:2001) che vengono assegnate sulla base di un'analisi applicata a tutte le fasi di vita di un prodotto e che tiene in considerazione molteplici criteri e limiti di soglia, diversi a seconda della categoria di prodotto esaminato. Queste etichette possono essere emesse da organismi indipendenti (privati o pubblici) diversi dal produttore, fornitore, distributore o acquirente. Il marchio di qualità ecologica riconosciuto a livello europeo è l'Ecolabel, applicato a prodotti e servizi (non ad edifici!), ne certifica il ridotto impatto ambientale nell'intero ciclo di vita, dall'estrazione delle materie prime fino alla produzione, utilizzo e smaltimento, in relazione a: consumo di energia, inquinamento di acqua e aria, protezione dei suoli, produzione di rifiuti, gestione e risparmio delle risorse naturali, sicurezza ambientale, protezione della fascia di ozono, protezione della biodiversità. L'ente di riferimento in Italia per il rilascio della marcatura Ecolabel è Ispra.
- Etichette di Tipo 2 ( UNI EN ISO 14021:2002) sono autocertificazioni emesse da parte di produttori, importatori o distributori di prodotti, senza che vi sia l’intervento di un organismo indipendente di certificazione. Queste auto-dichiarazioni riguardano generalmente un singolo aspetto del prodotto: contenuto di materiale riciclato, riuso, riciclo. Trattandosi di dichiarazioni non soggette a convalida da enti terzi la responsabilità relativa al loro impiego è tutta di coloro che la utilizzano. L’assenza di un organismo indipendente di certificazione non implica la non scientificità di tali auto-dichiarazioni, in quanto la norma prevede comunque che debbano essere verificabili, cioè deve essere messa a disposizione la documentazione su cui queste si basano. Uno dei simboli più comuni è il “Ciclo di Moebius”, che indica la “riciclabilità” di un prodotto, se invece il simbolo è associato ad una percentuale allora indica il “contenuto riciclato” di un prodotto. In realtà non è però del tutto chiaro perché il simbolo può infatti riferirsi anche solo all’imballaggio fatto di materiale riciclato o riciclabile.
- Etichette di Tipo 3 (UNI EN ISO 14025:2006) sono dichiarazioni ambientali basate su parametri stabiliti, presentate in forma chiara e confrontabile, in modo che si possa fare un parallelo tra prodotti diversi ma appartenenti alla stessa categoria e sono sottoposte a un controllo indipendente. Tra di esse rientra la dichiarazione ambientale di prodotto EPD (Environmental Product Declaration) che consiste in una scheda di prodotto, registrata dallo Swedish Environmental Management Council, relativa ai potenziali impatti ambientali associati all’intero arco del ciclo di vita di un materiale o prodotto, il tutto valutato con una metodologia stabilita secondo la norma ISO. Nello specifico ad oggi sono rari i prodotti dotati di EPD e comunque non sono di interesse per i consumatori finali.
Conclusioni
In tutta sincerità è bene dire che l'Ecolabel, nonostante sia riconosciuto a livello europeo, non è molto utilizzato dalle ditte del settore edile che devono sostenere un costo per ogni certificazione. Tutto questo si traduce in una scarsità di offerta sul mercato di prodotti per edilizia marcati. Per individuare i prodotti che hanno la marcatura ecolabel è possibile consultare il sito europeo di Ecolabel oppure il sito italiano dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA, ma una volta individuato il prodotto che serve io consiglio di verificare e richiedere il certificato alla ditta perché i siti potrebbero non essere aggiornati e il certificato potrebbe non essere più valido. Come mi è recentemente capitato sia per piastrelle che per pitture murali da interni.
Per quello che riguarda le etichette di tipo 2 in edilizia non le reputo di qualche utilità, sono da considerare poco più che informazioni sintetiche riportare sull'imballaggio di un prodotto, ma non danno garanzia di sostenibilità.
Le dichiarazioni ambientali di prodotto DAP o EPD sarebbero auspicabili, probabilmente in un futuro si svilupperanno visto la crescente richiesta in altri paesi europei, ma ad oggi sono ancora molto rare.
A questo devo aggiungere che con l'esperienza ho sperimentato che esistono sul mercato prodotti notevolmente superiori in termini di salubrità, benessere e anche sostenibilità ambientale rispetto a quelli marchiati. Solo la conoscenza dei materiali e la lettura critica delle informazioni fornite può ad oggi dare maggiore certezza di rispetto ambientale e qualità indoor.
Giulia Bertolucci architetto
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AGGIORNAMENTO: Se sei interessato puoi trovare un aggiornamento sui marchi NaturePlus ed AnabIcea nell'articolo "riconoscere subito i materiali ecologici"
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